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Dal regime agricolo a quello industriale

Il sistema socio-ecologico “dominante” è quello industriale e possiede meno di 300 anni di vita. È caratterizzato da un sistema energetico che si basa sull’impiego dell’energia contenuta nei combustibili fossili attraverso dei processi di conversione energetica ad alto contenuto tecnologico. I limiti intrinseci al sistema agricolo vengono superati da una disponibilità enorme di surplus energetico.

Quest’ultima transizione ha inizio nel XVIII secolo in Inghilterra dove si verifica una particolare combinazione di fattori, come l’esistenza di un surplus energetico dovuto alle avanzate tecniche agricole, un’elevata popolazione, la disponibilità di un certo tipo di risorse (carbone fossile e ferro) e le conoscenze tecnologiche. Lo sviluppo della macchina a vapore, dell’estrazione del ferro e della rete ferroviaria determinano in tempi brevi un’accelerazione della transizione energetica che modifica nei decenni successivi il profilo metabolico dei sistemi socio-ecologici presenti in Europa. In realtà, fino alla metà del Novecento il nuovo sistema industriale coesisteva con quello agricolo che ha continuato a mantenersi quasi inalterato. Dagli anni ’50, nei paesi in cui la transizione ha preso piede, il sistema energetico basato sui combustibili fossili ha definitivamente soppiantato quello basato sull’energia solare intrappolata nelle biomasse. In questi anni il petrolio (e le tecnologie ad esso correlate come il motore a combustione interna) si sostituisce al carbone e l’agricoltura viene trasformata in un’industria anch’essa basata sull’uso dei combustibili fossili, sia in modo diretto, attraverso l’uso delle macchine agricole, che in modo indiretto, attraverso l’impiego dei fertilizzanti e pesticidi di sintesi. Il limite alla resa produttiva del suolo viene ampiamente superato e tutte le restrizioni che hanno caratterizzato il sistema agrario scompaiono improvvisamente1. La disponibilità di energia diventa enorme, la produttività del lavoro viene incrementata di vari ordini di grandezza, i trasporti a lunga distanza diventano possibili, la popolazione sia agricola che non agricola può crescere, possono crescere i centri urbani, può crescere l’economia. Il superamento delle restrizioni comporta inevitabilmente anche un incremento del consumo pro capite di energia e di materia. Il metabolismo del sistema socio-ecologico industriale accelera a tal punto che ha bisogno di consumare le risorse prelevate dagli ecosistemi a una velocità maggiore di quella di rigenerazione, producendo degli scarti a una velocità maggiore di quella di riassorbimento. Si entra così nel cosiddetto “regime ad alta potenza”, nel quale i flussi di materia e di energia, generati dai sistemi industriali oggi localizzati nel Nord del mondo, provocano la perdita delle risorse e della biodiversità, l’inquinamento, i disagi sociali e, in generale, tutti i grandi problemi di sostenibilità.

A cura di Alice Benessia, Maria Bucci, Simone Contu, Vincenzo Guarnieri.

1 Si veda a tal proposito il documento “terra come oggetto politico”.





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