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Incertezza e complessità nella sperimentazione diretta

Caratteristica fondamentale di questo tipo di tecnologie è che la loro implementazione viene testata soltanto mentre la si realizza, ovvero direttamente sul campo. Questo a sua volta ha almeno tre ordini di conseguenze: il primo è che il livello di complessità del sistema nel quale la tecnologia è implementata e quello dell’interazione tra tale tecnologia e il sistema medesimo è molto elevato – non si tratta di un laboratorio nel quale le interazioni sono semplificate – e dunque dominano incertezza, e ignoranza. Il secondo è che la sperimentazione diretta non è reversibile. Complessivamente, questi due fattori implicano a loro volta la possibilità che insorgano conseguenze negative impreviste, imprevedibili e non rimediabili. In altri termini, in questo scenario ad alta potenza, la tecnoscienza promette benefici e nel contempo genera rischi ai quali non necessariamente sa come rispondere. È questo il contesto della cosiddetta società del rischio delineata alla fine del secolo scorso dal sociologo tedesco Ulrich Beck (Beck 1992). In sostanza, ci ritroviamo oggi in una situazione senza precedenti: i nostri esperimenti non sono reversibili e neanche ripetibili. In caso di errore non si può tornare indietro. Nelle parole dell’esperta americana di politiche pubbliche della scienza Sheila Jasanoff: “La questione che dobbiamo affrontare con urgenza è come vivere democraticamente ed in pace con la consapevolezza che le nostre società sono inevitabilmente a rischio.”

Infine, il terzo ordine di conseguenze consiste nel fatto che il tipo di conoscenza utile a descrivere e a gestire i problemi socio-ambientali non è definito a priori – l’esperimento non avviene in un setting predefinito da scelte metodologiche disciplinari specifiche – ma è esso stesso il frutto di una negoziazione o più spesso di una competizione tra diverse discipline. Questo introduce una sostanziale indeterminatezza, nei termini stessi che definiscono le questioni da affrontare. Il medesimo problema, per esempio i possibili danni alla biodiversità delle colture geneticamente modificate, può essere descritto da una molteplicità di prospettive egualmente legittime, quali quella dell’industria biotech, quella dell’ecologia delle popolazioni, quella degli agronomi e dei coltivatori biologici che possono subire dei danni, eccetera. Ciascuna prospettiva rappresenta un interesse specifico e non è possibile separare la sfera dei fatti – ciò che sappiamo- da quella dei valori – ciò che vogliamo e ciò di cui abbiamo bisogno.


A cura di Alice Benessia, Maria Bucci, Simone Contu, Vincenzo Guarnieri.





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